Ricorso della regione Puglia, in persona del presidente della Giunta regionale pro-tempore, prof. Salvatore Di Staso, autorizzato con delibera di Giunta regionale n. 10127 del 30 dicembre 1997, rappresentato e difeso, come da mandato a margine del presente atto dal prof. avv. Giovanni Motzo e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Roma, via Torquato Taramelli, 22, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale di alcune disposizioni del d.lgs. 19 novembre 1997, n. 422, recante "Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59", pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 287 del 10 dicembre 1997. La regione Puglia ha gia' impugnato sotto svariati profili alcune delle disposizioni della legge 15 marzo 1997, n. 59 poiche' essa contiene molte statuizioni di incerta od impossibile interpretazione e di indefinibile contenuto applicativo. Vanno quindi richiamate integralmente le censure gia' dedotte avverso gli artt. 1, comma 2, 2, comma 2; 4, commi 1, 2, 3, lett. a) della predetta legge delega, per violazione degli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione. Piu' in particolare vanno qui impugnate le disposizioni che ne costituiscono in parte, e per principi, pedissequa applicazione, e che compaiono ora negli artt. 1 e 2 del decreto legislativo n. 422/1997, riproducendo innanzitutto testualmente la previsione di un non meglio specificato "conferimento" di funzioni e compiti indistintamente alle regioni ed agli enti locali, questa volta in relazione alla materia dei servizi pubblici di trasporto di interesse regionale e locale. La regione Puglia ha gia' eccepito in via generale l'illegittimita' costituzionale di un "conferimento" di funzioni e compiti che viene fatto uguale a trasferimento, delega od attribuzione: il ricondurre sotto il cappello generico del conferimento fenomeni di "trapasso" di funzioni e compiti che rispondono tradizionalmente nel nostro ordinamento, ed anche per specifica e nominativa disciplina costituzionale, ad operazioni e procedure tra di loro ben distinte e comunque attinenti a differenti e specifiche sfere di applicabilita', non puo' che ingenerare confusioni circa il contenuto di cio' che viene reso conferibile e circa le reciproche posizioni delle entita' coinvolte, nei confronti dello Stato "conferente" da un canto, nei confronti di ciascuna delle entita' prese in considerazione dalle norme censurate rispetto a ciascheduna altra. Si era gia' rilevato che l'oggetto stesso della delega, cosi' come descritto nella legge n. 5/1997 rinvia a compiti e funzioni "ottriabili" dallo Stato alle regioni ed agli enti locali nella misura in cui i provvedimenti governativi delegati provvedono via via a riempire la materia delle funzioni e dei compiti "localizzabili nei rispettivi territori" delle regioni e degli enti locali. E la localizzabilita' in se non appare criterio sufficiente ad individuare la congerie di materie che residuano alla lista enumerativa in cui, capovolgendo il metodo costituzionale di individuazione delle materie regionali, o se si vuole dei compiti e delle funzioni regionali, si e' tentato di elencare invece le competenze di pertinenza statale e centrale. Del resto, il solo richiamo a un non meglio individuabile principio di sussidiarieta' (art. 4, comma 3, legge n. 59/1997 nel combinato disposto di cui ora all'art. 7 comma 2, decreto legislativo n. 422/1997, che si impugna), accompagnato da un altro corteggio di c.d. principi e criteri direttivi della delega (tutti pretesi, ed in effetti rispondenti a mere proclamazioni di principio), solleva direttamente il problema dell'individuazione delle funzioni e dei compiti regionali in materia di trasporto pubblico locale (cosi' come non gia' compresi e quindi al di la' della "dizione" tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale" di cui all'art. 117 Cost.) e quindi della programmazione e ripartizione dei servizi di trasporto cosi' definiti ora tra regioni ed enti locali e del "dimensionamento" di cui sempre all'art. 4, comma 3, legge n. 59/1997, territoriale, associativo o organizzativo di tali servizi. Si assiste cosi' ad una tipica operazione di conferimento di "pieni poteri in bianco" al Governo attinenti alla progressiva (e non necessariamente istantanea) ricognizione dell'oggetto o meglio degli oggetti o delle materie che residuano indistintamente alle regioni ed agli enti locali, fatti salvi sempre ulteriori interventi governativi (volti non si sa bene se a restringere o ad allargare o a tramutare gli oggetti del monte "conferito" strada facendo) ed entro il termine previsto dall'art. 10 della legge n. 59/1997, il quale ultimo deve anch'esso intendersi, per quanto di necessita', censurato per illegittimita' costituzionale. L'intervento in corso d'opera mediante disposizioni correttive e integrative rischia quasi certamente di impigliarsi nell'indistinto "trapasso" di compiti e funzioni di cui si e' detto, nulla portando ad escludere che, una volta stabilita la inverosimile equipollenza tra delega, trasferimento ed attribuzioni di compiti e funzioni il Governo integri e corregga l'originario conferimento operato "sotto specie" di deleghe di trasferimento od attribuzione volta per volta nell'una o nell'altra o nell'altra ancora delle operazioni procedurali commassate. La circostanza poi, gia' segnalata, che i pieni poteri in bianco vengono resi disponibili per il Governo, entro l'ampio parco di materia residuale e non individuato finche' questo provveda a distribuirle (secondo i criteri della localizzabilita' e della sussidiarieta'?) o ad attribuirle contra constitutionem o praeter constitutionem, a seconda dei casi, alle regioni, alle provincie, ai comuni ed agli altri enti locali, da' la reale misura della illegittimita' costituzionale del complesso del testo della legge di delega n. 59/l997 ben al di la' dei riferimenti alle disposizioni costituzionali incise che si possano in questa sede epigrafare. Venendo ora al dettaglio di altre disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 422/1997 che evidenziano problemi di legittimita' costituzionale dovuti non solo e non tanto all'estrema prolissita' ed approssimazione del linguaggio normativo adottato ma a specifiche incongruenze del disposto, e' da ritenere innanzitutto la patente elusione del sia pur generico intendimento desumibile dalla legge di delegazione (59/1997) nel contesto dell'art. 4, comma 4, di attribuire alle regioni il generale riordino del settore del trasporto regionale e locale. Il testo del decreto che qui si impugna conferma e consolida infatti gli assetti monopolistici della gestione dei trasporti che la legge delega proclamava di voler superare (art. 4, comma 4, lett. b), della legge n. 59/1997) dichiarando che "il Governo provvede... a definire le modalita' per incentivare il superamento degli assetti monopolistici nella gestione dei servizi di trasporto urbano ed extraurbano e per introdurre regole di concorrenzialita' nel periodico affidamento dei servizi. In contrasto frontale con tale proclamazione l'art. 18 del decreto legislativo n. 422/1997 dispone il superamento degli assetti monopolistici in questione ((comma 2, lett. a)) per i gestori dei servizi o per i soci privati della societa' di gestione per la cui scelta e' disposto il ricorso a procedure concorsuali - rese necessarie - tra l'altro, dalle normative dell'Unione europea. Mentre esclude da ogni confronto concorrenziale le gestione dirette degli enti locali e le loro aziende speciali (lettera b e c) prevedendo soltanto per queste due forme gestionali un divieto di ampliamento dei bacini di servizio, che non significa divieto di istituzione di nuove gestione dirette e di aziende speciali, ma soltanto una indefinita previsione di affidamento facoltativo di quote di servizi mediante procedure concorrenziali, L'incentivazione al superamento degli assetti monopolistici viene iin questione versione - indubbiamente incompatibile con la disciplina comunitaria in vigore - rinviato sine die. Una terza forma gestionale monopolistica, prevista a suo tempo dalla lettera c) dell'art. 22 della legge n. 142 del 1990, mediante s.p.a., e cioe' quella che si rende piu' propizia per il costituirsi di nuovi assetti monopolistici anche nel trasporto pubblico interurbano, dove la maggiore vastita' e articolazione dell'ambito provinciale rendono piu' urgente l'instaurazione di regole concorrenziali, e' del tutto esclusa la qualsiasi previsione di modalita' per il superamento degli assetti monopolistici. Ed altrettanto incongruente appare la previsione di cui al comma 3 dell'art. 18 in esame, che prevede il protrarsi dell'affidamento diretto per un periodo di 5 anni nei casi in cui l'esercizio venga proseguito - secondo quanto previsto dalla lett. c) dell'art. 18 - da societa' o cooperative derivate per subentro al precedente gestore. Il generale riordino del settore del trasporto regionale e locale si rivela, pertanto, vuoi per il regime differenziato ora stabilito nei confronti dei gestori dei servizi o dei soci privati delle societa' di gestione da un canto, nei confronti delle gestioni dirette dagli enti locali e delle loro aziende speciali dall'altro, vuoi per l'assenza di qualsiasi abrogazione o deroga alle norme contenute nell'art. 22 della legge n. 142/1990 per quel che attiene alla tutela da questa assicurata - in conformita' all'art. 128 della Costituzione - alla autonomia di comuni e provincie, praticamente irrealizzabile se non a costo di sancire le disparita' di trattamento tra settore pubblico e settore privato di cui si e' dato conto in precedenza e di perpetuare in sostanza l'intrusione dell'intervento governativo che si manifesta sostanzialmente elusivo di qualsiasi "conferimento" (nel senso commassato gia' chiarito) di poteri di riordino alle regioni. Ulteriori motivi di illegittimita' costituzionale debbono riscontrarsi nell'art. 16 del decreto legislativo qui impugnato a cagione della impropria formulazione delle modalita' secondo cui deve verificarsi l'intesa da parte delle regioni con gli enti locali in tema di definizione dei servizi minimi i cui costi sono a carico del bilancio delle regioni. Non e' chiaro se l'intesa di cui e' parola al comma 2 debba verificarsi secondo modalita' stabilite dalla legge regionale in via previa alla definizione "dei servizi minimi" sulla base dell'intesa stessa ed in ordine agli incisi consecutivi. E nell'ambito delle fraseologie variopinte e delle sofferenze linguistiche resta indeterminabile una oscura corrispondenza che il comma 1 dell'art. 19 decreto legislativo n. 422/1997 pare stabilire tra oneri per servizi (costi di gestione?) e risorse disponibili al netto dei proventi tariffari. Solo la determinazione di un rapporto tra oneri per servizi e risorse disponibili al lordo dei proventi tariffari puo' evitare assurde pretese di ripiani integrali dei disavanzi di gestione da parte delle imprese di trasporto nei confronti delle regioni.